CPRE
La colangiopancreatografia retrograda endoscopica (C.P.R.E.) è una procedura nel corso della quale, dopo avere visualizzato endoscopicamente la papilla di Vater con un endoscopio a visione laterale, e dopo avere cateterizzato ed opacizzato i dotti biliari e/o pancreatici, vengono eseguite, sotto controllo endoscopico e radiologico, alcune manovre diagnostiche e/o terapeutiche, efficaci nella gestione della maggior parte delle patologie bilio-pancreatiche. Oggi la C.P.R.E. è divenuta parte integrale della pratica gastroenterologica, tuttavia, negli ultimi anni l’introduzione di nuove metodiche diagnostiche, altrettanto accurate, ma meno invasive, quali la colangio-risonanza magnetica e l’ecoendoscopia, hanno ridefinito il ruolo della C.P.R.E. In particolare, il suo utilizzo nella diagnostica è oggi annullata e questa metodica si caratterizza sempre più come procedura interventistica.
VALUTAZIONE E PREPARAZIONE DEL PAZIENTE PRIMA DELLA PROCEDURA
Verificata la corretta indicazione alla esecuzione della C.P.R.E, il paziente deve essere valutato e preparato per questa specifica procedura. Tra le informazioni da fornire al paziente prima di acquisire il suo consenso gli devono essere specificatamente illustrati la possibilità di insuccesso, i rischi, i benefici e le procedure alternative. Possibili complicanze specifiche sono: la pancreatite, l’emorragia, le infezioni, la perforazione e le complicanze cardio-polmonari, secondarie alla sedazione. Inoltre, il paziente deve essere informato del fatto che tali complicanze possono essere talora gravi e comportare l’allungamento del tempo di degenza, la necessità di un trattamento chirurgico o operativo radiologico e, infine, raramente, anche il decesso. Prima della esecuzione della procedura è opportuna una specifica valutazione del paziente. Nei soggetti in trattamento con anticoagulanti è, quindi, raccomandata la sospensione per 5-7 giorni prima della procedura, con somministrazione di eparina a basso peso molecolare nei casi ad alto rischio tromboembolico. Per gli antiaggreganti piastrinici quali la ticlopidina si raccomanda una sospensione per 7-10 giorni prima della procedura. La C.P.R.E. è considerata anche procedura ad alto rischio per le complicanze infettive, quindi, in alcuni casi, quali l’ostruzione biliare o la presenza di pseudocisti pancreatiche, è raccomandata la profilassi antibiotica. Prima dell’esame è opportuna, inoltre, una valutazione della classe di rischio del paziente (classe ASA), dei fattori di rischio per la sedazione e del livello di difficoltà della procedura specifica. Importante è eseguire una consulenza cardiologica ed anestesiologica prima dell’intervento endoscopico. In caso di colangite acuta o di pancreatite acuta biliare severa o associata a segni di infezione è giustificato, fatte salve altre eventuali valutazioni cliniche, eseguire la C.P.R.E. nelle 72 dalla insorgenza del quadro clinico. Il paziente si sottopone alla procedura dopo un digiuno di 4-6 ore.
L’esecuzione della procedura
La C.P.R.E., è procedura insieme endoscopica e radiologica, l’esame deve essere condotto in un ambiente dotato di apparecchiature radiologiche con possibilità di visualizzazione radioscopica su monitor delle varie fasi della procedura e di documentazione radiografica dei suoi passaggi salienti. Tale documentazione può oggi essere acquisita anche su supporti differenti dai tradizionali radiogrammi (sistemi digitali computerizzati). L’esame viene di solito eseguito con paziente in decubito laterale sinistro o semiprono, tuttavia variazioni di decubito si possono rendere necessarie nel corso della procedura per ottimizzare la visualizzazione radiologica dei dotti, evitando sovrapposizioni ad esempio dell’albero biliare sulla colonna vertebrale. In rare circostanze può essere utile anche una posizione supina, che permette ad esempio di meglio visualizzare i dotti pancreatici.
Le linee guida SIED riportano la C.P.R.E. tra le procedure per le quali la sedazione è raccomandata.
Il cateterismo della papilla
La C.P.R.E. viene in genere eseguita con un duodenoscopio a visione laterale, ma in alcuni casi, ad esempio negli interventi chirurgici di resezione gastrica, quali la Billroth II può essere talvolta utile l’uso di un gastroscopio a visone frontale. Visualizzata la papilla si procede ad accedere con un catetere al dotto biliare o pancreatico. L’incannulazione ideale, non sempre possibile, dovrebbe essere selettiva e profonda, per iniettare il mezzo di contrasto e visualizzare soli i dotti richiesti. In questa prima fase tutte le manovre per un corretto approccio alla papilla vengono seguite dall’operatore e dalla equipe sul monitor endoscopico e su quello radioscopico. Per incannulare si usa uno sfinterotomo, che offre il vantaggio di avere una estremità distale la cui direzione è modificabile dall’esterno. In caso di insuccesso dell’incannulazione profonda con i metodi convenzionali si può utilizzare un filo guida all’interno dello sfintertomo. In genere, la principale causa di insuccesso della incannulazione è la cattiva direzione degli accessori, non in asse con la direzione dei dotti. Nei casi di insuccesso della incannulazione del dotto biliare con le tecniche descritte l’accesso alle vie biliari può essere ottenuto eseguendo una incisione della papilla. Tale pre-incisione (pre-cut) può essere eseguita o con un particolare sfinterotomo inserito per pochi millimetri in papilla, nella presunta direzione della via biliare (pre-cut sphincterotomy) o con un catetere ad ago diatermico (“needle-knife”) partendo dall’orificio papillare e dirigendo il taglio prossimalmente o partendo dalla struttura infundibulare e dirigendo distalmente verso l’orificio papillare. Queste tecniche di pre-cut comportano rischi maggiori rispetto alla tecnica standard, quindi non devono essere eseguite in sostituzione di queste, ma dopo insuccesso delle tecniche standard. Inoltre, l’uso del pre-cut deve essere riservato ad operatori esperti e ai casi in cui esista una chiara indicazione terapeutica per una patologia biliare già nota (calcolo, tumore) e/o per la presenza di un quadro clinico di ostruzione biliare, che imponga l’accesso alla via biliare per eseguire un drenaggio. Cateterizzato il dotto richiesto si inietta il mezzo di contrasto, in genere un agente non-ionico, sotto visione radioscopica e a piccoli dosaggi per verificare la corretta posizione del catetere all’interno del dotto.
La sfinterotomia
La fase della procedura immediatamente successiva alla opacizzazione, è, in genere, l’esecuzione di una sfinterotomia endoscopica. L’incisione dello sfintere viene eseguita dopo avere verificato la corretta posizione dello sfinterotomo. L’adeguatezza della sfinterotomia può essere valutata con vari criteri quali l’osservazione di un fiotto di bile durante il taglio, la visualizzazione del dotto biliare nell’interezza del suo diametro, il passaggio di un catetere a palloncino gonfio.
La dilatazione pneumatica della papilla
Una alternativa alla sfinterotomia è la dilatazione pneumatica della papilla con palloncino. Questa tecnica ha il vantaggio di comportare una incidenza di emorragie bassissima o nulla, anche in casistiche di pazienti cirrotici, ma ha lo svantaggio di una maggiore incidenza di pancreatiti rispetto alla sfinterotomia. Per questo motivo la dilatazione pneumatica non ha sostituito la sfinterotomia. Oggi la dilatazione pneumatica viene eseguita soprattutto nei soggetti a rischio per complicanze emorragiche, talvolta nei soggetti con Billroth II e nei soggetti giovani con piccoli calcoli, che non presentino fattori di rischio per la pancreatite.
L’estrazione di calcoli
Eseguita la sfinterotomia eventuali calcoli delle vie biliari possono essere estratti, in genere, con l’uso di un cestello di Dormia o di un catetere a palloncino. Questa tecnica è coronata da successo nella maggior parte dei casi. Tuttavia, in alcuni casi le maggiori dimensioni dei calcoli o la discrepanza tra diametro dei calcoli e diametro del coledoco distale o della sfinterotomia non rendono agevole o possibile l’estrazione con la tecnica standard. In questi casi è in genere possibile estrarre i calcoli dopo averli frantumati. A tale scopo si adopera la litotrissia meccanica che consiste nell’afferrare il calcolo con il cestello di Dormia e nell’esercitare una forza tale da ottenere la rottura del calcolo. L’applicazione di tale forza è resa possibile da un sistema a cremagliera che chiude progressivamente il Dormia contro una guaina metallica. Questo secondo sistema costituisce un accessorio importante, perché permette di liberare il Dormia e il calcolo incuneato, situazione che in passato rappresentava una complicanza da risolvere spesso chirurgicamente. Oppure si posizionare una endo- protesi nel coledoco per permettere il drenaggio della via biliare, e poi intervenire in un secondo tempo e programmare un più idoneo approccio terapeutico.
Il drenaggio della via biliare
Nel corso della C.P.R.E. è possibile drenare la via biliare con varie modalità. Nella maggior parte dei casi di calcolosi il drenaggio della via biliare si ottiene con la semplice sfinterotomia e con la estrazione dei calcoli. In altri casi è necessario invece decomprimere l’albero biliare applicando un drenaggio. L’indicazione più frequente al drenaggio è tuttavia l’ostruzione biliare per stenosi maligna. Questo trattamento palliativo è possibile con l’applicazione di una o più protesi che by-passano l’ostacolo e permettono il flusso della bile in duodeno. Le protesi più spesso utilizzate sono in materiale plastico (polietilene, teflon). La tecnica di posizionamento consiste nell’inserimento di un catetere montato su filo guida attraverso la stenosi, visualizzata con una precedente opacizzazione con mezzo di contrasto. Quindi, sul catetere viene inserita la protesi che viene spinta nella corretta posizione da un secondo catetere in teflon, che funziona da catetere spingitore. La corretta posizione dei cateteri e della stessa protesi può essere verificata nelle varie fasi attraverso dei reperi metallici anulari posti alla estremità di tutti questi accessori. In alcuni casi può essere giustificato il posizionamento di più di una protesi per drenare più settori ostruiti o nel caso di stenosi benigne per dilatare più efficacemente il tratto stenotico. Sono disponibili anche stent metallici autoespansibili, rivestiti o meno, che offrono il vantaggio di un maggior diametro e quindi di una più durevole pervietà, ma hanno lo svantaggio di essere più costosi. L’impianto di questi stent prevede l’inserimento di un filo guida con le stesse modalità degli stent plastici e l’inserimento su questo di un sistema che presenta alla sua estremità la protesi metallica compressa, in modo tale da presentare, prima di essere liberata, un diametro di pochi millimetri. In alcuni casi, in particolare quando serve un drenaggio biliare solo temporaneo o quando è necessario eseguire colangiografie di controllo dopo la procedura, può essere utilizzato l’uso di un drenaggio naso-biliare. Questo tipo di drenaggio consiste in un catetere la cui estremità distale è in genere sagomata in modo da riprodurre il decorso angolato del lume per evitarne la dislocazione. Dopo aver inserito attraverso il canale operativo del duodenoscopio il drenaggio naso-biliare montato su filo guida viene estratto l’endoscopio.
Altre manovre in corso di C.P.R.E.
Nei casi in cui sia necessario definire la natura della lesione è possibile eseguire un prelievo citologico con catetere a spazzolino o prelievi bioptici con pinza.
La documentazione della procedura
La documentazione della procedura consiste nel referto endoscopico e nella documentazione fotografica endoscopica e, soprattutto, radiografica. Il referto endoscopico rappresentando il resoconto di una procedura operativa spesso complessa, è opportuno che contenga una descrizione sintetica, ma dettagliata delle varie fasi della procedura, del materiale adoperato, delle difficoltà riscontrate e delle soluzioni applicate, così come avviene per il resoconto di un intervento chirurgico, riportato nei registri di sala operatoria. In particolare, è utile riferire sul successo della incannulazione e sull’accessorio con cui si è ottenuta, sulla diagnosi, sulla soluzione terapeutica applicata e sul risultato tecnico, sulla insorgenza di eventuali complicanze immediate e sul loro trattamento endoscopico e sul risultato di questo. Una documentazione radiografica deve essere acquisita per i passaggi fondamentali della procedura, in particolare devono essere acquisite le immagini diagnostiche più significative.
IL CONTROLLO POST ESAME DEL PAZIENTE
La C.P.R.E. è una procedura, in genere, operativa, gravata da un numero consistente di complicanze, alcune delle quali gravi. L’insorgenza delle complicanze è spesso immediata nel corso della procedura, ma talvolta è più tardiva. E’ opportuna, quindi una attenta valutazione e sorveglianza post-procedura, meglio se regolata da protocolli interni che disciplinino la dimissione del paziente dalla sala endoscopica e successivamente dal reparto di degenza. In assenza di uno specifico protocollo è, comunque, raccomandata la verifica dei seguenti criteri generali: stabilità dei parametri vitali, avvenuto risveglio e recupero dell’orientamento nello spazio e nel tempo del paziente. Inoltre è opportuno interrogare il paziente su eventuali dolori addominali e verificare lo stato obbiettivo dell’addome. Nelle ore che seguono la procedura è opportuno, in genere, lasciare a digiuno il paziente e, comunque, sorvegliarlo per l’eventuale insorgenza di dolore, di febbre, di segni di sanguinamento. L’esecuzione di controlli di laboratorio, in particolare dell’emocromo e dell’amilasemia, è molto importante. Nel caso di insorgenza di una complicanza è importante il suo riconoscimento precoce. Nonostante la maggior parte delle complicanze possono essere gestite conservativamente, tuttavia in alcuni casi è necessario un trattamento operativo endoscopico e/o radiologico o, ancora, chirurgico. Per tale motivo è opportuno coinvolgere fin dall’inizio le altre competenze specialistiche nelle decisioni gestionali.
COSA FARE SE SI E’ PORTATORI DI PACE MAKER (PM) e/o DEFRIBILLATORE
PER GLI UTENTI ESTERNI: I portatori di PM e/o ICD devono effettuare, una visita Specialistica presso un Centro di Elettrofisiologia (Ambulatorio Pace Maker). La visita specialistica deve essere effettuata entro i 6 mesi antecedenti l’esecuzione della CPRE. Il referto dovrà essere portato in visione il giorno dell’esecuzione dell’esame.
QUALE E’ L’ALTERNATIVA TERAPEUTICA
È rappresentata dalla ecografia interventistica o dalla chirurgia.